La cagnolina e il locale jazz

da

in
Scivolo, e scivolo, e scivolo via, e le gocce sul parabrezza, e le luci, e il buio, e tutto scivola, scivola, e scivola. Amico, poi respiri, e poi c’è il tergicristallo con il suo colpo ritmico, il suo groove, il suo bum-pshhh… Prendi il treno, la polvere di stelle, e andiamo a Dixieland, amico!
E poi ci sono io, seduto su quello schifo di marciapiede, un tacco nella pozzanghera, un altro su una cicca di tabacco, a tagliare questo schifo di notte putrida con il mio rauco lamento blu.
Questo basso nanetto cattivo mi ha trascinato nell’ombra di grattacieli luminosi e scintillanti insegne al neon, fuochi di calore fatuo, alcolico, al lattice. Dove sei, zuccherino? Dove sei con la tua torta di mele, il coniglio bianco e tutto il resto?
Non ci capisco più niente! Mi fa male l’asfalto, lo sai? I passi mi fanno male, le punte degli ombrelli, il gioco della campana lavato via da questo acquazzone di fine inverno. Tutto sul mio collo, sulla mia guancia, sui miei denti, sulle mie lacrime.
Vengo via da Las Vegas ogni maledetto 1999; e me ne resto spiaccicato proprio qui, bello, fra lo sgabello e lo spigolo arrotondato di questo grosso, spesso, massiccio, legnoso e putrido bancone! C’è troppo ghiaccio in questo bicchiere, Laurel! Maurice, Laurel… è lo stesso…
E tu credi che non sia il tipo giusto per te, bellezza? Che non ce la possa fare? Credi che non ti farei divertire? Al diavolo, allora. Vai, vai, stai pure con quel pezzo d’impiegato! Con la sua Bentley del ’59, la brillantina, e tutto il resto. Vai! Ma vai davvero, riprenditi le scarpe e il rossetto che mi hai lasciato sul colletto del cuore. Stupida bambola! Di tutti i bar che ci sono al mondo, proprio nel mio…
Meno male che ci sei tu, sacco di pulci. Meno male, meno male.
Andiamo, è tardi. Lo senti questo? Questo è l’Uccello. Senti come usa il suo sax. Ti fa ridere, vero? Ah ah ah! E non farmi quel muso! Siamo entrambi soli come cani…