I giorni dei ricordi sfocati

Da qualche settimana indosso dei nuovi occhiali. Lo ho voluti meno potenti dei vecchi, che ormai hanno qualche annetto, ma non perché la mia miopia sia migliorata. Ho letto infatti che il costume di prescrivere ai miopi delle lenti per correggere la vista così da permettere una buona, o ottima, visione “all’infinito” non fa che peggiorare il difetto visivo, costringendo l’occhio, quando si hanno a guardare le cose vicine, ad accomodarsi con un certo sforzo innaturale per la vista tramite la lente troppo forte. Poiché il miope ci vede benissimo da vicino, tale prescrizione sarebbe perfino riprovevole su un ragazzino in età scolare, che ha da passare molto tempo a leggere e scrivere, e quindi a vedere non oltre un metro dal proprio naso. Dunque, dopo vent’anni di accomodamenti esagerati, e un notevole calo della vista, scopro l’intero fatto delle lenti per vederci “quel tanto che basta”.
Mi porto appresso due paia di occhiali. Quando ho da fissare un libro, o il telefono, o lo schermo del PC in ufficio, inforco gli occhiali corti; quando ho da guidare o da passeggiare, invece, passo a quegli altri, per l’infinito. Tuttavia è tanto più comodo rimanere sempre con gli stessi occhiali, piuttosto che continuare a scambiarli! E così, dato che il guidare l’auto è un’attività che mi tocca solo di quando in quando, resto la maggior parte del tempo con gli occhiali corti.
Sul pullman, quando si tratta di gettare lo sguardo dal finestrino, non vedo che i suoi contorni! Il sedile di fronte a me è nitido, ma il volto dello sconosciuto a tre file di distanza è anonimo nella sua sfocatura, più che per la mancata conoscenza.
Passano le scritte mute, e le vicende oscure, mentre scorro per il mondo, ignaro.