Numero Zero

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Bip.

Aprì gli occhi su un soffitto bianco che non seppe riconoscere per tale. Non capiva, non riusciva a mettere a fuoco il bianco.

Bip.

Che è stato? Tentò di muovere la testa, e il dolore lo assalì, facendogli chiudere forte gli occhi.

Bip.
Bip.

Calma, calma. Riaprì gli occhi. Soffitto bianco. Non capiva dove fosse, non ricordava nemmeno da quanto fosse lì, cosa avesse fatto prima. Tentò di guardarsi attorno, ruotando gli occhi dolenti, ma, incapace di focalizzarlo, non riusciva a vedere altro che un bianco indistinto. Poteva distare un metro o due, non c’era una minima, percepibile differenza.

Bip.

Si concentrò sul resto del corpo. Gli sembrava di essere avvolto in una pesante coperta, ma realizzò che si trattava solo di una sua impressione. Azzardò un movimento delle dita, cominciò a percepire un lenzuolo sotto di lui… sì, lo sentiva anche sotto i talloni, le natiche, le spalle.

Bip.

Riprovò con la testa. Gli faceva molto male il collo, ma meno di prima. Si fermò dopo qualche grado di rotazione. Pensò che se non aveva costrizioni allora doveva poter essere libero di muoversi, e che forse doveva essere in quello stato da molto tempo. Si scoprì debole, ma ancora non capì per quale motivo.

Bip.

Percepì finalmente il sensore sull’indice della mano sinistra. A fatica provò ad alzare il braccio; gli doleva molto il fianco, la spalla, il gomito, il polso, ogni singola nocca e falange.

Bip. Il sensore era connesso ad un dispositivo posto ai piedi del suo letto. Si trattava di un affare grigio, dalle forme affusolate. Il luogo in cui si trovava era una stanza deserta, bianca, senza finestre. La luce artificiale veniva diffusa da più punti disposti ordinatamente appena al di sotto del soffitto, che, per quanto basso, non gli suggeriva un’idea di claustrofobica costrizione.

Bip.

C’era un interruttore vicino al suo braccio sinistro; decise di premerlo, e attese.

(continua)

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