Bussando

A volte mi chiedo se esisti veramente, se dietro quei botta e risposta, quei segni non-neri su sfondo non-bianco, ci sia una persona vera, un’Anima capace di sentire, di sentirmi.

Me lo chiedo soprattutto la mattina, mentre cammino per andare al lavoro.
Sono mesi che la mattina, anziché la bicicletta adopero le mie gambe per trasportarmi fino alla fabbrica. Tutti quanti mi dicono che sono un idiota, che “chi me lo fare”. Ma a me piace. Dieci minuti di alienazione, dieci minuti di strada fra la mia casa e un luogo senza affetti, giusto dieci minuti per pensare, per cantare a squarciagola dietro la maschera della mia faccia serena.

Così mi capita di pensare a te, che esisti poco nel mio mondo.
A te che sei solo un nome e qualche foto e una chiacchierata notturna.
A te che esisti marginalmente, che sei lo spazio fra le parole, lo stacco fra i colori in mezzo al primo piano e lo sfondo, la pausa fra le note, il tempo dell’attesa.

Busso alla tua porta elettrica, con discrezione. Vorrei parlare con te, se tu lo vuoi. Vedere se stavolta riesco a replicare la magia, se riesco di nuovo a non spaventarti, sconosciuto contatto, presuntuoso amico, collezionista di sfoghi, battute, rivelazioni e ritagli di segreti.

Vorrei conoscerti.
Vuoi conoscermi?


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