Distrazioni

Salgo sull’automobile. Le portiere sono chiuse, giro la chiave per accendere il quadro. Guardo dallo specchietto retrovisore lo spazio vuoto dietro di me. Metto in moto, innesto la retromarcia. Movimenti misurati dei piedi sui pedali mi fanno uscire lentamente dal garage aperto. Controllo ripetutamente a destra e a sinistra di non stare strisciando contro gli stipiti metallici del portone. Ecco, devo ricordarmi di aprire lo specchietto destro. Me lo dimentico sempre. Mantengo l’allineamento mentre scivolo fuori. Penso alla sequenza di attracco del film “2001: Odissea nello spazio”, con il valzer di Strauss. Sono fuori. Apro la portiera. Scendo, due passi, e chiudo le porte del garage. Mi giro per guardare i fari dell’auto, non so perché.
Risalgo. Sulla destra c’è la lunga Mercedes bianca del vicino. A sinistra la Clio grigia dell’altro vicino. Metto la prima e vado avanti un poco sterzando leggermente a sinistra. Stop. Metto la retro e faccio manovra girando attorno a Moby Dick. Poco più in là c’è anche la vecchia Fiesta di un altro vicino ancora, devo allungare la manovra. Finalmente raggiungo una zona libera, mi allineo perpendicolare.
Metto gli occhiali da sole (ultimamente sono diventato più sensibile alla luce?), metto la cintura, innesto la prima. Salgo lungo la rampa per uscire dai garage, sono sullo spiazzo davanti alle case a schiera del mio quartiere. Disegno i contorni della curva prima di fermarmi per dare la precedenza e immettermi nella strada principale. Guardo a sinistra per vedere se non arrivi qualcuno, poi guardo a destra.
Ecco. Mi sono dimenticato di aprire lo specchietto destro.